Marasma politico.
La puzza delle scoregge diaboliche del marasma politico.
A chi abbia un occhio abituato al senso dei numeri una cosa appare chiara : non abbiamo alcuna possibilità di comparare seriamente i rischi per la salute posti dal Covid e le gravi
conseguenze sociali delle misure prescritte dall’altro, possiamo solo dire che queste ultime sono state attuate in modo caotico, opaco se non truffaldino e autoritario. Tutte le decisioni sono state prese aggirando la separazione dei poteri ed eliminando
ogni istanza democratica e quindi ogni controllo democratico e responsabilità democratici. Dunque visto che le misure di contenimento ribadite e fallite in continuazione non sono servite a nulla, mentre l’obiettivo di distruzione della democrazia
è riuscito pienamente si direbbe che siamo in presenza di un virus fascista. Il quale ha anche dettato una misura del tutto inedita nella storia conosciuta: ovvero il divieto di cura.
D’altra parte quest’ultima misura ideata per vendere
vaccini e contraria ad ogni etica svela che gli stati di stampo iper capitalistico quali quelli occidentali dopo la caduta del muro, non sono interessati a proteggere la salute delle loro popolazioni. Lo Stato in quanto tale è divenuto un’incarnazione
istituzionale di relazioni capitaliste e relazioni sociali molto complesse il cui compito è quello di stabilizzare queste condizioni. Gli aspetti sanitari giocano un ruolo, soprattutto perché possono influenzare il comportamento di voto e possono
essere importanti per la stabilità dei processi economici e anche per l’architettura di sicurezza interna degli Stati. Per inciso il diritto commerciale internazionale installato nell’auto legislazione sovrana delle società transnazionali
solleva ora la questione di quanto i paesi possano proteggere le loro popolazioni in caso di epidemia e se le misure di protezione influiscono sulle aspettative di profitto delle società, che sono protette nella protezione degli investimenti accordi.
Quindi, se si trattasse davvero di salute, avremmo a lungo pensato alle conseguenze dei tagli al sistema sanitario, ovvero alla sua valutazione esclusivamente in termini di dare e avare con il risultato di sottrarre sempre più risorse alla sanità
pubblica, si sarebbe dovuto discutere della caduta del welfare o delle conseguenze della precarizzazione del lavoro o sul dilagare dei germi ospedalieri che solo in Italia fanno quasi 50 mila morti l’anno o sull’adozione del glifosato in agricoltura
o sull’uso degli antibiotici negli allevamenti intensivi o persino sul permesso dato da alcuni governi europei – Germania e Italia in particolare – di stoccare e dispiegare armi nucleari americane , ben sapendo che in caso di guerra totale
le loro popolazioni sarebbero le vittime predestinate.
Quindi ci sono poche ragioni per presumere che lo stato si occupi principalmente di proteggere la salute della popolazione con le sue misure anticovid quando invece proteggere esclusivamente la stabilità
dei rapporti di potere: dunque una generazione sistematica di paura attraverso la diffusione mediatica di pericoli veri o presunti può essere molto utile per coprire i problemi e gli obiettivi reali. A questo punto bisogna chiarire che la crisi pandemica
è una multi-crisi in cui nodi molto diversi si intersecano e si connettono tra loro. Erano tutti attesi al pettine da molto tempo come del resto la pandemia stessa rimasta per così dire in agguato per un decennio e più, mentre in numerosi
laboratori si fabbricavano virus che avrebbero potuto crearsi e diffondersi naturalmente ufficialmente per poter trovare dei vaccini adatti. Insomma il famoso guadagno di funzione che è un concetto ridicolo perché tra la mutazione naturale di
un virus e la sua eventuale trasmissione all’uomo e la creazione di una chimera in laboratorio intercorrono scale di tempo radicalmente differenti. E qui si sono messi assieme microorganismi che solo in centinaia o migliaia di anni avrebbero potuto fare
la loro comparsa.
Poi c’era una crisi sistemica del capitalismo finanziario, che era già sull’orlo del disfacimento e che ora sta usando la pandemia Covid di incerta origine per caricare ancora una volta la comunità dei costi
del proprio stesso potere.
E infine c’era la crisi della democrazia capitalista in atto da molto tempo che si è mutata – attraverso una trasformazione ventennale che potremmo per comodità far risalire all’ 11 settembre
del 2001 – in uno stato autoritario di sorveglianza e sicurezza. Il virus del covid fa semplicemente emergere i problemi fondamentali dell’attuale ordine economico e sociale come una sorta di catalizzatore.
Si tratta insomma di una mutazione
sistemica che considerata nel suo insieme e tenendo conto che gli stati attuali in occidente non hanno alcun interesse alla salute dei cittadini , né tantomeno alla loro libertà cambia completamente le carte in tavola: gli stati sono diventati
una sorta di consiglio di amministrazione i cui maggiori azionisti non compaiono mai.
Dunque è perfettamente giustificata la crescente indignazione delle popolazione nei confronti delle restrizioni della libertà e della vita sociale e
politica così come la sfiducia manifestata nei confronti di coloro che pretendono di rappresentarli, cioè nei confronti dell’intero apparato legislativo ed esecutivo, sia esso governo, polizia o tutela della costituzione, sia anche nei
confronti del grandi media. Ma tutto questo in realtà già era in nuce da parecchio e nella popolazione si sono accumulate diverse esperienze di impotenza politica. In realtà già dagli anni ’70 è cominciate la trasformazione
delle democrazie uscite dalla guerra mondiale in democrazie per spettatori di ( la politica spettacolo significava proprio questo) di fatto sempre più impotenti e nelle quali il potere vero è passato in mani diverse rispetto a quelle istituzionali
determinando un senso di impotenza e forse anche di indolenza sempre maggiori.
Attenti studi empirici negli Usa e anche altrove, in Germania in particolare, mostrano che la stragrande maggioranza della popolazione, soprattutto nella parte più bassa
della scala del reddito, ha un peso di voto prossimo allo zero nelle decisioni politiche effettivamente prese. Tuttavia, questo non è visto dai decisori politici come un difetto, ma piuttosto come una virtù di una democrazia capitalista orientata
all’efficienza nella quale non è più possibile cambiare nulla nelle decisioni economicamente rilevanti delle élite. Quindi la questione della pandemia – a parte le sue assurdità – rimanda a qualcosa di molto più
fondamentale, vale a dire la questione se siamo ancora in grado di difendere le strutture democratiche residue contro l’avanzare delle strutture autoritarie. In un certo senso quindi proprio la pandemia che è stata creata – utilizzata per
eradicare i residui di democrazia ancora resistenti, si potrebbe invece rivelare come il momento di una vasta presa di coscienza di processi portati avanti con tanta lentezza da creare assuefazione. Riuscendo a trasformare la semplice indignazione in un contesto
politico globale e in una una prospettiva di nuova emancipazione è possibile trasformare il colpo finale delle elite in un fallimento totale. Certo questo non si può fare con gli spezzoni delle forze tradizionali che se non comprate non sono
in grado di elaborare più nulla se non il fantasma del loro passato. Occorre un’idea politica o ancor meglio la consapevolezza della mancanza di una nuova idea.
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