Quando il diavolo come il pesce comincia a puzzare dalla testa.
Quando il diavolo come il pesce comincia a puzzare dalla testa.
Sin dall’inizio della pandemia si è cominciato a sentire odore di fascismo. E se nei primi atti di questa lugubre commedia si poteva pensare che la prospettiva autoritaria
fosse solo un tentativo dei centri di potere globalista per riprendere il controllo di un mondo che lentamente gli stava sfuggendo, che man mano le contraddizioni e le assurdità della narrazione pandemica avrebbero aperto gli occhi alle persone, che
la gente tutta insieme avrebbe opposto resistenza alla spoliazione di libertà e diritti, ora bisogna riconoscere che questa puzza di fascismo la si sente dovunque. Essa dilaga nonostante la prova provata che i vaccini sono pericolosi e non servono assolutamente
a nulla se non a riempire di soldi i soliti noti e lasciare i poveracci ancor più poveri di prima: la voglia di credere incondizionatamente a una autorità prevale su tutto il resto. Certo la paura che viene diffusa costantemente, certo la menzogna
diventata essenza dell’informazione hanno una grande efficacia, ma al fondo si avverte chiaramente la voglia di farsi dettare la realtà, la fatica di resistere anche alla più evidente presa per il naso, l’ansia di un comando che esoneri
dalle responsabilità e che riconosca come un nemico chi a quel comando resiste. Cioè quelli che non vogliono vaccinarsi, non vogliono essere in comunione col potere e che sono ovviamente trattati come appestati, mente i veri serbatoi del virus,
i veri infetti sono proprio i vaccinati . E’ questo lo dicono le stesse burocrazie sanitarie nella certezza che tale rivelazione non avrà effetto sui milioni di cuor di coniglio che non vogliono sapere e non sono più abituati a scegliere
qualcosa che vada oltre la pizza gourmet. Perché per il resto non c’è scelta come si affannano a dire da oltre 40 anni.
Sono questi i nuovi e veri fascisti, non tanto quelli che si mettono la camicia nera o la camicia di un qualunque
colore nella speranza di essere chiamatati a fare i capi condominio come certe robe da marciapiede che bazzicano l’editoria, ma quelli che applaudono al lato della strada a ogni nuova restrizione, a ogni nuovo controllo anche quando sono provvedimenti
palesemente illegali, arbitrari e privi di logica perché hanno paura della libertà; sono quelli che non hanno né la forza, né la voglia di reagire; quelli a cui tutto sommato sta bene così, che amano sentirsi dire cosa devono
fare e cosa devono pensare anche se non lo confessano nemmeno a se stesi. Fanno parte di un’antropologia ormai coltivata con costanza da quarant’anni, intellettualmente passiva e moralmente narcisa, politicamente inesistente e tuttavia apparentemente
colma di soggettività e di creatività oltre che dell’ottuso egoismo neoliberista: essi praticano ad ogni ora il conformismo della diversità, pensano il cielo come uccelli nati in voliera. Sono schiacciati tra l’ansia della
competizione e la scarsità di promesse. Più di qualcuno li ha paragonati ai prigionieri della caverna platonica che scambiano le ombre per la realtà e addirittura assalgono chi tenta di mostrare qual è la loro vera condizione. Ma
forse sono essi stessi ombre che imitano una vita libera e consapevole mentre i demiurghi della realtà contemporanea li fanno correre o ballare o indignarsi a comando. Essi credono, essi obbediscono e probabilmente finiranno per combattere chi non è
come loro e che in quanto diverso costituisce una minaccia per l’immagine di sé che si sono costruiti. Dove è andata finire quella indignazione contro le discriminazioni, spesso nemmeno ben definite, che pare l’ultimo battito cardiaco
di una parvenza di democrazia? Dove sono quelli che si mettono troppo facilmente ginocchioni per essere plausibili?
Tutto questo è svanito come neve al sole dell’estate, non ne è rimasta neanche l’ombra anche se non esiste
una ragione al mondo per ghettizzare ed escludere quelli che non si vogliono vaccinare, perché essi sono infettivi esattamente o al limite anche meno dei vaccinati. Ma qui non è questione di razionalità che in questa orribile vicenda non
ha spazio tanto che accettiamo i numeri della malattia evocati attraverso i test Pcr che le stesse autorità sanitarie hanno ormai destituito di qualsiasi credibilità e rilevano influenze, raffreddori, qualsiasi cosa insomma. E’ questione
di conformismo, di maggioranza silenziosa che nemmeno può stare davvero insieme perché atomizzata nei singoli individui, che non ha voce perché l’ha prestata all’autorità, che ha fatto della pandemia una sorta di fede
che paradossalmente ha un senso solo in rapporto agli “infedeli” a quelli che secondo il neo primitivismo negano la sacralità di una scienza volta al profitto e la saggezza suprema dei poteri non elettivi in qualunque campo. Del resto cosa
ci si potrebbe aspettare da una società che predica la diseguaglianza come motore economico? La discriminazione è massima, varia soltanto la sua applicazione e questo dà la sensazione che essa venga combattuta. E si consolano fingendo
che i fascisti non siano loro, ma gli altri.
Vale sempre la pena di ricordare che la medicina in senso stretto, non è nemmeno una scienza, ma una tecnica (nella tradizione Indù è definita infatti come “upaveda”, cioè
appunto tecnica), quale, lasciata a se stessa, è diventata da Ippocrate in poi, come lui stesso ammetteva. Quando la si considerava un’arte sacerdotale è perché era esercitata dai sophoi o, quando ciò aveva già subito
un degrado, dai philosophoi, che per essere formalmente tali, la possedevano eminentemente. Degradazione della filosofia a parte, quando si sente dire che i filosofi non dovrebbero azzardarsi a parlare di medicina, si dice una doppia stupidaggine, in quanto
solo loro possono epistemologicamente avere voce in capitolo su una scienza, quindi a maggior ragione su una tecnica, che non potrà mai assurgere a ente autonomo e indipendente. Bisogna perciò smetterla di chiamare i medici, scienziati, tanto
più quelli attuali che non sono più nemmeno dei tecnici, ma dei semplici Garzonati o Merlanati mascalzoni! Per capire meglio il concetto: il medico attuale sta alla medicina, come i preparatici genici a mRNA stanno ai vaccini…
When the devil like fish begins to stink from the head. Since the beginning of the pandemic, he began to smell of fascism. And if in the first acts of this dismal comedy one could think that the authoritarian perspective was only an attempt by the globalist power centers to regain control of a world that was slowly escaping them, that gradually the contradictions and absurdities of the pandemic narrative would have opened the eyes of the people, that the people all together would have resisted the stripping of freedom and rights, now it must be recognized that this stench of fascism is felt everywhere. It is rampant despite the proven evidence that vaccines are dangerous and are useless at all except to fill the usual suspects with money and leave the poor even poorer than before: the desire to believe unconditionally in an authority prevails over everything else. Of course the fear that is constantly spread, of course the lie that has become the essence of information have a great effect, but at the bottom there is a clear desire to be dictated by reality, the effort of resisting even the most evident grip on the nose, the anxiety of a command that exempts from responsibilities and that recognizes as an enemy those who resist that command. That is, those who do not want to get vaccinated, do not want to be in communion with power and who are obviously treated as infected, while the real reservoirs of the virus, the real infected are precisely the vaccinated. This is what the health bureaucracies themselves say in the certainty that this revelation will have no effect on the millions of rabbit hearts who do not want to know and are no longer used to choosing something that goes beyond gourmet pizza. Because otherwise there is no choice as they have been struggling to say for over 40 years. These are the new and true fascists, not so much those who put on a black shirt or shirt of any color in the hope of being called to make condominium garments like certain sidewalk stuff that haunts the publishing industry, but those who applaud the side of the road to every new restriction, to every new control even when they are clearly illegal, arbitrary and illogical measures because they are afraid of freedom; they are those who have neither the strength nor the desire to react; those who, after all, are fine with this, who like to be told what to do and what to think even if they don't even confess it to themselves. They are part of an anthropology that has been cultivated with constancy for forty years, intellectually passive and morally narcissistic, politically non-existent and yet apparently full of subjectivity and creativity as well as the obtuse neoliberal egoism: they practice the conformism of diversity at all times, they think of the sky as birds born in an aviary. They are squeezed between the anxiety of competition and the scarcity of promises. More than a few have compared them to the prisoners of the Platonic cave who mistake shadows for reality and even attack those who try to show what their true condition is. But perhaps they are themselves shadows imitating a free and conscious life while the demiurges of contemporary reality make them run or dance or get indignant on command. They believe, they obey and will probably end up fighting those who are not like them and who as different poses a threat to the self-image they have built. Where did that indignation against discrimination, often not well defined, which seems to be the last heartbeat of a semblance of democracy go? Where are the ones who get on their knees too easily to be plausible?
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